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L’ultima frontiera del valore

Con due variabili reali bloccate (prezzo e qualità), la terza “apparente” assume molta importanza: la qualità percepita. Il consumatore sta diventando sempre più razionale e non sembra più disposto a comprare ad occhi chiusi un bene dal valore elevato senza una – ormai logica – valutazione del costo/beneficio.

di Michael Liguori

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Il concetto di “frontiera del valore” fa riferimento alla relazione tra la qualità ed il prezzo di un bene. Se da un lato il sistema di produzione industriale si va orientando verso standard qualitativi sostanzialmente molto simili, il prezzo continua a mantenere ancorata a sé la concezione di percezione qualitativa. Ciò significa che molti consumatori ad un bene di prezzo superiore associano una qualità percepita maggiore rispetto agli altri beni di costo inferiore, ove per “costo” si assume il punto di vista del compratore e non del produttore. Un tale scenario concorrenziale presupporrebbe una sostanziale staticità del mercato di riferimento, con una “forbice” netta tra beni dal prezzo di vendita basso e bassa qualità percepita in contrapposizione ad altri dal prezzo alto ed alta percezione qualitativa. Rimane – però – da considerare una ulteriore variabile: la qualità reale del bene. Come già premesso, il settore della produzione sembra orientato decisamente verso una standardizzazione dei beni simili, tendenza confermata ulteriormente dalla concentrazione crescente delle industrie produttrici, in contrasto con il sostanziale aumento delle marche in commercio (esempio eclatante è il mercato della telefonia cellulare oppure quello dei televisori: molte marche, contrazione dei produttori). La qualità effettiva dunque non differisce in maniera sostanziale tra i prodotti; una variabile – dunque – quella della qualità appare bloccata e inflessibile alle logiche di mercato. L’altra variabile da considerare, il prezzo, sembra essere salva solamente se si ipotizza un mercato statico e non orientato al dinamismo. In un contesto attivo, anzi pro-attivo, appare chiaro come le aziende posizionate nella fascia bassa del rapporto prezzo/qualità (P/Q) perseguano il loro intento di massimizzazione della propria quota di mercato tramite una guerra di prezzo nei confronti di quei concorrenti che – invece – tentano di prolungare una posizione dominante caratterizzata da un elevato prezzo di vendita. Ciò che appare immediatamente chiaro è che per le aziende di fascia bassa il gioco competitivo ha un senso fino al margine estremo della linea “costo di produzione/prezzo di vendita”, tenderanno dunque verso quel confine…trascinando con sé anche quelle aziende di fascia superiore, che non possono correre il rischio di rimanere “fuori mercato”. Questo gioco perverso tra concorrenti porta inesorabilmente verso un punto terminale in cui tutti offriranno lo stesso bene allo stesso prezzo: “ultima frontiera del valore”.
Esposto il problema, quale la possibile soluzione? Con due variabili reali bloccate (prezzo e qualità), la terza “apparente” assume molta importanza: la qualità percepita. Il consumatore sta diventando sempre più razionale e non sembra più disposto a comprare ad occhi chiusi un bene dal valore elevato senza una – ormai logica – valutazione del costo/beneficio. Sembra, dunque, ormai alquanto inopportuno offrire un bene ad un prezzo non corrispondente ad una reale qualità effettiva. La differenziazione emotiva tra i beni sembra invece in grado di sottrarre le imprese alla guerra efferata sui prezzi teorizzata nell’ultima frontiera del valore: tale tipo di differenziazione fa riferimento al valore della marca, alle intricate relazioni e reazioni neuronali che si attivano in un individuo quando la marca che sceglie non è solo effimeramente legata a ciò che offre, ma relazionata al mondo di sentimenti che riesce a scatenare nell’individuo. Sembrerebbe molto strano, ma in una tale logica, ormai il contenitore vale molto più del contenuto.

10 gennaio 2005

 

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